La Rivendicazione del cuore, 1990

"L’ Uomo porta già in sé un avvenimento glorioso senza che ne percepisca la presenza.
Per molti,  tantissimi anni, andiamo alla ricerca ansiosa, anche disperata, di un’immagine che soddisfi l’esigenza di riconoscersi nella nostra propria natura originaria.
Per tantissimi anni cerchiamo ma troviamo solo immagini che si dissolvono nel tempo e, se non si è vili, riconosciamo che quel che in realtà esperimentiamo è la paura, la paura della morte la  esperimentiano mascherata da un caleidoscopio di immagini deliranti.

Ma quell’avvenimento glorioso, incompreso, occultamente ci sostiene pur nella nostra ignoranza finché un giorno, inaspettatamente, può accadere di prenderne semplicemente coscienza:
e nulla del passato è perso, tutto si mostra infinitamente sensato.

“. . . non un fulgore di morta fiamma ma cosa veduta
in un occhio mistico, non segno di vita ma vita.
In sé, la presenza dell’intellegibile. . .
in ciò che ne è creato simbolo”.
(Wallace Stevens)

“ La caligine intellegibile è l’intelletto divorato dalla meraviglia per l’intellezione in spirito che improvvisamente cade sull’anima e tiene immobile l’intelletto, mentre tutte le cose visibili gli si nascondono, nell’ignoranza e inappercezione dell’oggetto della loro considerazione”.
(Isacco di Ninive)

Una coscienza che non si lasci confondere nell’incantesimo delle convenzionali rappresentazioni dei fenomeni perchè intimamente disposta a non lascirsi buttar via, lontano da se, da quelle continue, molteplici, quotidiane e domestiche occasioni che improvvisamente possono aprire una breccia inquietante nella rete delle automatiche giustificazioni con le quali ci illudiamo di vivere, pensare e possedere il mondo, non può, questa coscienza ansiosa del vero farci eludere il transito nell’incoscio psicologico subrazionale. Questo luogo che si apre improvvisamente dietro la dura pelle delle convenzionali apparenze ha una natura vischiosa, slittante e nel suo vitalistico, indistinto brulicare (caricature del vero infinito) anche attraente per chi si compiaccia di alienarsi in un frammentario generico, celebrale sensazionalismo, piuttosto che attendere quella percezione qualitativa fondante la realtà dell’organismo sensorio, della coscienza e delle loro relazioni.
L’indistinto brulicare di immgini mentali automatiche provocate dall’ incoscio-subrazionale è il sintomo di un “buco nero psichico”, dell’assenza di reali percezioni qualitative dei fenomeni viventi nella loro complessità di relazioni; anzi occulta l’origine di questa mancanza.
Questo luogo psichio informe ingoia tutto senza creare cose ma solo producendo altre fantasie derealizzate e derealizzanti che distruggono l’oggettività spazio-temporale storicamente determinata, l’ immediata  percezione dell’inriducibile profondità già presente nelle apparenze corporee.
In questo luogo non c’è crescita , ne nascita, ne infanzia, ne gioventù, ne azianità, ne inizio e compimento,  ne problema reale e risoluzione: tutto viene dissolto nel-dal vitalismo psichico delirante in un magma plumbeo scosso da impulsi automatici: è l’informe massa di disorganici residui psichici, scorie prive di germi fecondi, un luogo dell’accidia e dell’avarizia.
Se evitiamo di affrontare il turbamento emotivo, l’ambiguità sentimentale, la follia di un attività mentale priva di pensiero che l’animazione onirica di questo inconscio subrazionale suscita, il suo ossessivo e sterile circolo vizioso si riproporrrà indefinitivamente senza possibilità di poterlo mai estinguere.
L’immaginazione succube di questo marchingno psicologico subumano è già alienata dalle sue potenzialità intuitive inconscie-sovrarazionali, le sue rappresentazioni dissolvono l’oggettivo dualismo della cosicenza naturale nell’informe spettralità di fantasie allucinatorie invece che risolverlo oltre la dura concretezza di una logica dualistica (“La soluzione del mio problema logico è trasmentale…” affermava lucidamente Majakovskij).
Questa condizone psichica subrazionale è fondamentalmente paralizzante, priva di un elementare, limpida attività percettiva, è comunemente evasa o rimossa, aggravata dall’affanno di astratte, abbaglianti sublimazioni, faticose costruzioni intellettualistiche che la rescindono con  uno “stile” di vita:
“... come a scintille…
o tipo avvolgimento umido, o tipo lavoro a maglia…
Quello stile di vita a parvenza di immagini,
a parvenza di incanti
a parvenza di emozioni
a parvenza di prodigi
a parvenza di genio
a parvenza di umori
a parvenza di studi
a parvenza di tutto.
Insopportabile bazar dove non trovi pane
e questo viaggio, ma dov’è questo viaggio? ”
(Henri Michaud )

Isacco di Ninive rivolgendosi a coloro che si compiacciono con fantasmi suscitati dalla loro mente  avverte:
“…lasciamo che costoro e i loro simili si illudano con le loro allucinazioni…, prepariamoci con ogni raccogliemento in semplicità di cuore, non guardando alcune delle figure che la mente suscita con pensieri composti, ma attendendo con fede che sorga nel nostro cuore il sole della conoscenza.”

“I problemi connessi con i disturbi del pensiero ci costringono a pensare sul pensiero e questo a sua volta fa sorgere il problema di tecnica: come pensare sul pensiero,  qual’è il metodo buono per farlo? ”
(W.R. Bion)

La fantasticheria confusa con l’apparire “spontaneo” della immaginazione poetica  (capace di forti, evidenti appercezioni sovrarazionali e di creatività pratica trasformatrice) ingombra la mente di false rappresentazioni che privano il pensiero della sua possibilità di aderire concreti ritmi spazio-temporali che formano le cose  e l’immaginazione della forza di visione intelligente dei fenomeni della natura e della cultura .  
É così che ì ritmi respiratori e cardiaci costantemente sincopati dalle rappresentazioni allucinatorie si disorganizzano invece di emanciparsi oltre i tempi della convenzionale coscienza dualistica.
Un pensiero che si compiace di confondersi con l’immaginazione fantasticheggiante scambiandola per visione spontanea e sostanziale rispetto alle banali, quotidiane rappresentazioni dei fenomeni, impedisce all’intelletto di manifestarsi immediatamente in un azione semplice, superando l’astratta, straiante mediazione concettualizzante.

Questa grave confusione è denunciata da dottrine antiche e moderne. Con linguaggi molto diversi, queste dottrine, svelano gli automatismi subliminali, subrazionali che presiedono alla degradazione della potenzialità immaginativa creativa sovrarrazionale.
L’animazione dell’immaginazione inconscia- subrazionale degrada la vita psicologica: quella sovrarazioanale ha il potere di esaltarla in intelligente, “nobile entusiasmo” (o sentimento poetico) liberandola dal frammentario, automatico, amorfo psichismo, disponendo cosi lo “spirito” alla coniugazione con la “mitica materia primordiale” potenzialmente contenente tutte quelle viventi qualità che l’atto creativo renderà  attive nelle nostre comuni azioni quotidiane.

“Come le donne da sole possono anche buttar furoi ammassi di carne informe, ma per creare un figlio hanno bisogno di un seme diverso dal loro, così gli spiriti fantastici privi di una disciplina producono fantasticheria, l’anima senza corpo si perde”.
(Montagne)

“ e sta ben attento  che la tua porta sia saldamente chiusa, sicchè colui che è dentro non possa sfuggire…la tua immaginazione deve indirizzarsi secondo natura; ed osserva dunque secondo natura i cui corpi si rigenerano nelle viscere della terra, e quindi immagina ciò secondo fantasia veridica e non fantasticando “.
(Rosarium Filosoforum)

“Il mio metodo è l’odio per l’immaginazione fantastica…voler forzare l’espressione della natura, storcere gli alberi, far fare smorfie alle roccie, o anche raffinar troppo…tutto ciò è ancor letteratura…esiste una verità pittorica delle cose.
Ma come è difficile accostarsi alla natura senza pregiudizi,…Ma  se egli, l’artista, con coscienza soggettiva interviene, se egli osa immischirsi consapevolmente, meschino, nel processo di traduzione, allora vi introduce solo la sua insignificanza e l’opera perde di valore…; tutta la sua volontà deve tacere; egli deve far tacere in sé ogni voce dei pregiudizi, dimenticare, essere un eco perfetta. La natura di fuori e quella di dentro devono amalgamarsi, per durare, per vivere una vita mezza umana, mezza divina, la vita dell’arte.
Voglio dire che divento chiaroveggente di fronte alla natura e che tuttavia la realizzazione si compie molto faticosamente perchè la natura mi si offre molto complessa…l’artista è parallelo ad essa (la natura) se non interviene volontariamente ….si dovrebbe poter vedere come un neonato.”
(Paul Cézanne)

L’attività fantasticheggiante aliena oniricamente i sensi corporei dal loro realistico e conflittuale rapporto con la dura concretezza dei fenomeni viventi, storna la sessualità dalla sua propria funzione che è quella di mediare la comprensione attiva dell’altro nell’amplesso fisico fino all’estrema passione amorosa che non può realizzarsi che per di quella semplicità di spirito nella quale le contraddizioni, le antinomie, i paradossi vengono istantaneamente sospesi e superati da da una percezione sovrannaturale che risolve la frenetica eccitazione della bipolarità sessuale fisica in un ritmo corporeo unificante pur mantenendola, anzi accrescendola, nelle sue distinte qulità: una epifania erotico-amorosa.
Questa trasformazione ontologica non può realizzarsi che per mezzo di un semplice avvenimento in cui l’intima conflittualità del desiderio naturalistico animato da una brama possessiva non venga istantanemanete sospesa, trascesa .

“ L’unione dei due si compie nello spazio etereo del cuore.”
(Upanishad)

“Un concetto di bellezza immaginata e vista dentro al core.”
(Michelangelo)

“Mercè la liberazione del cuore la virtù dei discepoli da frutto.
Nei sensi applicati alla contemplazione sorge il vuoto.
Principio e base della contemplazione è il punto semplice senza dimensione…
Epperò il modo della contemplazione è conosciuto a mezzo della liberazione del cuore…”.
(Milarepa Il canto di gioa)

I diversi marchingegni subliminali che presiedono alla degradazione delle attività mentali, del ritmo cardiaco (del Cuore esperimentato come centro vitale dell’essere umano e sede del “intelletto d’amore”) e del respiro, vengono provocati ed occultati proprio da tutte quelle forme di volgare sublimazione cerebrale-psicologica di chi crede, o finge di credere che ci “…si innalzi perchè conservando le medesime tendenze inferiori (per esempio il desiderio di prevalere sugli altri) si sono forniti a quelle degli obiettivi elevati. Ci si eleverebbe invece collegando tendenze elevate  ad obiettivi inferiori i”. (Simone Weil)

Si tratta delle ideologie che provocano e mantengono un dominio irrazionale speculando con dissimulato cinismo su suoi leggittimi anche se incompresi e distorti desideri di bene, sulle sue più autentiche aspirazioni umane vendendogli feticci estetici religiosi, politici, tecnologici, automi economici, inducendo l’individuo a rinunciare ad un reale sforzo di emancipazione della sua propria vocazione umana, ad una vera consapevole trasformazione tanto dolorosa quanto gioiosa della esistenza per mezzo i un idea traformatrice dei suoi legittimi desideri in atti di libera volontà creatrice: libertà che per essere autentica non può essere progettata ma solo sperimentalmente ricercata e gratuitamente raggiunta.

“…rapiscono la conoscenza coloro che la aggrediscono senza la pratica, cioè invece della verità ne rapinano una sembiante. Essa abita da se stessa nei movimenti di coloro che nella prorpia vita…hanno aspirato la vita da dentro la morte”.
(Isacco di Ninive)

Il potere sulle cose e sugli uomini si esercita per il bene o per il male con il dominio sul loro cuore attraverso le rappresentazioni mentali, La verità o falsità delle quali determina, al di là della buona o cattiva fede, la schiavitù o libertà della coscienza: la comprensione delle qualità di questa immaginazione è appunto il dominio nel quale si avventura la conoscenza poetica Moderna. Questa fonda il suo primo movimento nell’accettazione della realtà data, ma sollecitato dall’esigenza di accrescerla e portarla a una plenitudine di vita gloriosa si sforza di assumerla con “nobile entusiamo”.
Questa enfasi erotica dell’immaginazione poetica verso e con l’altro reale, impone il doloroso  lavoro preliminare di una estinzione degli automatismi fantastici deliranti e la realizzazione di una trasparenza della mente liberata da tutti i “pensieri compositi”, da oniriche animazioni sentimentali “attende che nel cuore sorga il sole della sua conoscenza” nella “sofferenza del pensiero” e nella “ insopportabile pressione per la pena che tormenta il suo cuore…”.
(Isacco di Ninive).

Il pensiero dialettico critico è per un uomo moderno contemporaneo lo strumento indispensaboile per raggiungere una prima reale autonomia della mente nei confronti degli altrimenti inafferrabili fantasmi, delle eccitate fantasticherie che sbarrano la via alla libera immaginazione poetica autenticamente creatrice.
L’esperienza di una prima reale autonomia dell’Io nei confronti dell’inconscio subrazionale, provoca una prima “scissione” positiva della nostra compagine psichica naturalistica (l’alchemica “separazione dei misti”) nel senso che vi introduce un reale principio ordinatore; una effettiva autonomia dello spirito fondatore di un luogo originario storico, non mitologico ne liturgico o sacrale e per successive metamorfosi rigenetraci della nostra vivente antropologica preparazione del “mercurio dei saggi” e riduzione “alla material prima”: “denudamento” e “coniugazione”.
Si apre così la via, dissolti i fantasmi dell’incoscio subrazionale, all’esperienza diretta del pensiero creativo di un incoscio sovrarazionale, luogo dell’intuizione e dell’ispirazione creatrice; cioè a dire alla conoscenza poetica vera e propria.
Si realizza un mutamento ontologico di livello, una metamorfosi di tutto il nostro organismo vivente.
Si esperimenta la percezione sovrarazionale ed un primo effettivo risveglio del centro del cuore, sede dell’intelletto operante, senza alcuna mediazione concettuale.

“il veggente non veduto, il conoscente non conosciuto brilla nel cuore”
(Upanischad)

“Mercè la liberazione del cuore, la virtù dei discepoli da frutto..il santo palazzo che è la regione dell’idea pura”.
(Milarepa)

Dunque esperienza di un’originaria esperienza poetica, assolutamete inedita; in quanto l’immaginazione liberata dalla fantasticheria, dai residui del pensiero mitologico, metafisico, sacrale e liturgico- religioso, compie in autonomia l’esperienza dello spirito fondante la sua umanità storica: conoscenza apoetica, non omologabile con nessun altro tipo di conoscenza, che attraveso l’osservazione dei fenomeni storici approda a nuove percezioni-qualitative (Paul Cézanne), che sono originarie idee, principi viventi, ed inventa anche quelle intelligenti rappresentazioni del reale tanto inedite quanto veritiere. Idee reali che liberano il Cuore dalle suggestioni prodotte dalla testa (da ogni vincolo regressivo con la memoria onirica) rivoluzionando nel superamento tutta la dinamica del primo movimento del pensiero critico dialettico: transitando con un moto ascenzionale dalla sua iniziale esperienza critico- teoretica in un luogo in cui fa l’esperienza di una percezione puramente intellettuale, “ trasmentale”  (Majakovskij).
Il Cuore viene ristabilito come centro vitale dell’essere umano (il primo risveglio dell’oro alchemico).
Questo  Cuore è:
“…il santo palazzo che è la regione dell’idea pura”.
(Milarepa)
“…acqua che irrora la terra e la fa germogliare”.
(Artesio)

La consapevolezza dell’inganno delle false rappresentazioni mentali esige il confronto con la paura reale perchè la volontà, cadute queste rappresentazioni non ha più un pensiero che la indirizza e ricade paralizzata sui suoi violenti primitivi impulsi;  priva di prospettiva è costretta a permanere nell’opressiva condizione di impossibilità, come in un frullar di motere imballato ( Macchina Celibe). Se resiste in questa condizione di annichilimento imprine spontaneamente al sistema psicologico- naturalistico una contrazione che lo scuote alle radici (contrizione purificatoria “preparazione dei vasi” ); nell’inpossibilità di scegliere tra prospettive idiologiche tutte riconosciute espressioni di un medesimo fondamentale errore dell’ astratta attività mentale, resiste; una esigenza profonda la domina e non gli permette di concedersi soluzioni evasive e bugiardi superamenti che con più incesività e suggestione si propongono emergendo dal similucro di un passato anche remoto, dalle opinioni e convinzioni profondamente interiorizzate ma ora non più confuse dalla mente con “l’ondata dell’ intuizione profonda”(Milarepa),  percepite prive di spirito generatore.
L’Io è costretto ad una terrificante immobilità perchè impedito nel suo primo movimento volitivo (“L’opera al nero”, il “regime di Saturno” dell’alchimia, la Notte oscura della volontà di San Giovanni della Croce, la crisi depressiva psicoanalitica). Qui si esprimeta realisticamente la natura delle forze simbolizzate dalle antiche rapresentazioni, forze titaniche e demoniche tentazioni; ma ora quetse forze spogliate dalle vecchie personificazioni mitologiche, liturgiche, animistiche e cosmologiche, si manifestano nella loro pura attualità mondana.
Si percepiscono anche distintamente le pulsioni provocate dai ritmi dell’organismo corporeo, si distinguono i confusi aneliti del desiderio privi di reale libera volontà e sentimento, le complicate strategie psicologiche che l’io storicamente determinato inventa per estinguere l’angoscia e la disperazione ma sempre rimanendo prigioniero del limite che desidera trascendere: io ostinato a permanere mimetizato nei suoi vecchi privilegi, per riconfermarsi ancora nelle sue abituali ipocrisie nuovamente dissimulate in un immaginario rinnovamento di se, per riaffermare il suo illegittimo potere,  travestirsi ancora con una luce artificiale.                      
Qui si apre l’antico transito dello spirito umano nell’universo inferiore, le vecchie figure dei mostri mitologigi, cosmici e tellurici, dei demoni fausti ed infausti, le incontriamo come forze agenti  presenti nei comuni atti quotidiani, nelle labirintiche relazioni imposte dai rapporti storicamente determinati: le osserviamo come invenzioni volute dalla coscienza storica, affatto altre dalla  volontà nichilista. Osservata con una attenzione non soggiogata alle contraddizioni ed ambiguità connaturate alla coscienza dualista, la conoscenza del bene e male si esperimenta con evidenza non come idealità etica, fede religiosa separata in ogni caso dal suo coincidere con un reale, libero atto di interiore rinnovamento; atto dal quale può manifestarsi l’ispirazione di un fare moralmente creatore, fondante un’azione politica non ideologica, repressiva.
L’Io esperimenta un volere, pensare e sentire non più mossi da astratte rappresentazioni etiche e morali artificiosamente introiettate e astrattamente, volontaristicamnete trasposte nell’azione.

Ma chi “costringe”  l’Io alla resistenza nei confronti di scelte astratte, necessariamente “false”?
Chi impone all’Io di vegliare per non farsi incantare dalle false rappresentazioni di sé e del mondo?
Da dove viene questa forza che può contrastare e contraddire malgrado noi ogni nostro desiderio di compromesso con consuetudini bugiarde, alienanti, occultamente provocate dalla disperazione?
Cos’è la forza che dal luogo più intimo della nostra volontà ci obbliga a resistere contro le promesse delle affascinanti suggestive immagini di morte contrabbandate per vita rigenerata?  
Chi obbliga l’io a una opprimente esperienza di annichilimento?!
Costretti nell’impossibilità di scegliere sperimentiamo il dolore reale, quello che la mente infligge all’Io con una imposizione alla quale l’Io non può consentire perchè riconoscendola con tutta evidenza come menzogna non può decidersi di alienarsi in essa. In questa passione vivente l’io storico esperimenta il suo limite fondamentale ed è indotto così all’accettazione dell’estrema complessità del Mondo a rinunciare al suo orgoglioso sogno di potenza; a sporgersi spontaneamente oltre sé, a sostenere l’incredibile pressione del paradosso fondamentale: la vita e la morte.
In questa sopportazione sanamente dolorosa riconosce il suo originario fondamento perchè scorge che la forza che gli imponeva la resistenza alla menzogna e sopportazione al paradosso fondamentale è, questa forza, il perenne fondamento della sua stessa Vita, la sua originaria Verità.
Quì il paradosso non è più patito come insolubile opposizione e  pur permanendo nel mondo invece di essere mezzo di contraddizione e discordia, lentamente si converte, divine mezzo di riconciliazione.
Nell’assunzione dolorosa di una consapevole impossibilità di reale superameto della coscienza dualistica tramite il moto del suo stesso pensiero l’Io sopporta la cotraddizione fondamentale, la vede nascere dall’interno della sua volontà storicamente determinata ed esprimersi per mezzo di conflittuali rappresentazioni mentali; questa esperienza muta, converte il suo comportamento nei confronti di sé;  l’Io è liberamente costretto ad essere paziente, di una pazienza attiva e produttiva; da questa nuova disposizione scaturiscono insospettate forze “morali”, e l’Io  è costretto ad attendere il vuoto di ogni pensiero e, in questo vuoto, vede istantaneamente l’Altro e vi si relaziona con un movimento sciolto dal desiderio di possesso violento.
Vede che l’esigenza di resistere al male è l’immediata espressione di fede nella Verità.
Riconosce questa Fede come fondamento inalienabile dell’Io umano vivente, che sostiene come un mare infinito la propria vita personale.
Allora l’Io da quest’acqua apprende a lasciarsi sostenere e la mente resta sempre più trasparente da un “meraviglioso stupore” accoglie le necessità dell’esistenza quotidiana per mezzo della “sapienza che genera il pensiero” che disincanta il cuore dalla paura della morte con il moto di “movimenti fervidi e splenditi”.
La confusione del nostro pensiero automatico, l’ambiguità dei nostri sentimenti e desideri si eclissa, le vecchie, morte rappresentazioni della realtà si dissolvono, si scioglie l’impulso nervoso che costringeva il muscolo al gesto prepotente, meccanico.
Senza più timori e paure, liberamente, nasce l’azione trasformatrice: emerge da una esperienza nata e vissuta interamente nel mondo, che sul mondo ritorna rinnovandone perennemente le forme di Vita.
Rivoluzionate dall’interno le nostre facoltà si volgono verso un universo oscuro ma non tenebroso che nella misura in cui si riesce a vederlo illumina, ci illumina, il nostro spirito si anima di presentimenti, pensieri, volontà, sentimenti, intuizioni che non riusciamo da prima a comprendere, ma rendono la nostra azione più vasta, profonda, unanime.

Oltre, al di là, al di dentro, dell’inconscio psicologico regressivo, subumano, irragionevolmente razionalistico e razionalisticamente informe, prodotto e produttore di percezioni allucinatorie, deliri istituzionalizzati, oltre le comuni, convenzinali rappresentazioni del mondo, si piò percepire  il “buco percettivo” di un sovraconscio irradiante.
È l’esperinza del “ … ‘buco percettivo’; sensazione oscura che ci coglie se ci osserviamo dentro senza pregiudizi. ... “ ( E. C. Gori); l’Io che ci da la visione certa ed immediata dei sé propri e altrui.
Io semplicemente altro sempre presente, misconosciuto, dall’inconscio psicologico tenebroso, informe prodotto dalla nostra vecchia e nuova falsa coscienza.
Sovraconscio irradiante, produttivo, percepito come forza colma di energie originarie inespresse che sostengono il Mondo: lo esperimentiamo corporalmente come un respiro che penetra fin nelle nostre ossa rigenerandole, e lo perdiamo non appena sorge in noi l’impulso a possederlo - deve essere semplicemnte Riconosciuto, Amato.
Quest’amore umano dà vita reale all’infinita sensatezza dell’esistenza, tuttavia non avrebbe altro senso che quello di un diverso incantesimo se il nostro Io non lo realizzasse nell’attualità del contingente fare quotidiano in opere di laboriosa e trasparente, semplice, paziente, tenace coniugazione amorosa, che trasformano le infinite possibilitòà di questa forza primordiale in attività gloriosa, ricreatrice.

È nell’attenersi consapevolmente al limite storico che il quotidiano ci rivela la sua ulteriore inedita verità, quì, ora, che accade ora in questo nostro atto convenzionale, comune, non più banale.
Quest’ Io sovrarazioanale si è manifestato dal momento in cui abbiamo cominciato a rinunciare agli schemi delle menzognere sublimazioni dell’angoscia e a resistere ai regressivi richiami di morte della verità: lo riconosciamo infine presente nelle “cose da nulla” che ci angustiavano, ma ora con il nostro ritorno ad esse nell’atto sostenuto dalla sapienza dell’inconscio produttivo, sovrarazionale le comprendiamo risarcendo l’esistenza sporgendoci, insieme, nell’infinito, oltre il proprio e altrui limite: riconfermando la nostra umanità in quella forza di fede che misconosciuta, inconsapevolemente ci aveva sostenuti fin dall’Inizio.

“ E’ dannoso il sogno
Ed è inutile fantasticare,
bisogna sopportare la noia del alvoro,
ma capita
che la vita
si mostri sotto un altro profilo
e le cose grandi
le capisci
attraverso una sciocchezza”.
(Majakovskij)

L’arte moderna, sollecitata dall’ intima necessità di fondarsi come autonoma via verso la conoscenza della realtà ed attiva pratica “rivoluzionaria”, nella sua ricerca ha rivelato alcuni aspetti della realtà che in apparenza ci sembrano dissociati e contraddittori, regressivi, che non sembra realizzino un cosmo rinnovato ed unitario e perciò ci sprofondano nell’angoscia disperata.  
Ma questa disorganinicità è un incantesimo auto ipnotico e il prodotto di una immagine dell’unità o organicità che appunto è il residuo di vecchie rappresentazioni che suggestionano magicamente la mente e sono irrazionalemente animate con artificiose enfatizzazioni psicologiche, innavertitamente vissute come momenti di autentica ispirazione creatrice.
Tuttavia la vera esperienza “poetica moderna” passando per terribili prove, fallimenti, illusioni, sacrifici volontari, proprio nel coraggio di affrontarli, sopportarli, e al di là delle giustificazioni più o meno accettabili dei singoli protagonisti ha, a nostra profonda persuasione, (al di là delle omologazioni culturali che ce la rappresentano riducendola sempre ad una ideologia) fondato una nuova reale conoscenza del mondo, una esperienza originaria della verità.

Nell’oscurità del silenzio intellettuale e nell’isolamento sociale i più grandi poeti “moderni”hanno avuto il coraggio di sostenere fino in fondo la ricerca della verità contro le pressioni menzognere di un mondo dominato dal desierio di un possesso violento ed oppressivo.
Questa tensione di fede nella verità ci sembra tanto, tutto: è semplice testimonianza di amore
(perchè non ideologica e fideistica); ed è nelle forme artistche di questi poeti che concretamente è leggibile la relatà e la fondatezza della loro ricerca, al di là dei loro errori e fallimenti personali.
Se queste forme non vengono comprese nel loro reale contesto storico si riducono necessariamente a feticci estetici, simulacri psicologici privi di forza creatrice: in realtà sono viventi testimonianze dell’antica ed eterna speranza di una vittoria della vita sulla morte."

 

Bruno Pinto, in Cat. Bruno Pinto. Opere dal 1953 al 1987, a cura di Claudio Cerritelli, premessa di Filippo Sassoli dè Bianchi, con scritti di Enrico Cesare Gori, Concetto Pozzati, Luciano Nanni, Bruno Bandini, Vezio Ruggeri, Giuseppe Dossetti, Bruno Pinto. Nuova Alfa Editoriale, 1987

Bruno Pinto, in Cat. Bruno Pinto. Luoghi Controversi del cuore, a cura di Silvia Evangelisti, con scritti di Bruno Bandini ,Andrea Emiliani, Silvia Evangelisti, Flaminio Gualdoni, Luciano Nanni, Bruno Pinto. Nuova Alfa Editoriale, Bologna 1990, p. 107

Bruno Pinto, in Cat.  Pinto, a cura di Silvia Evangelisti, con il contributo di Andrea Emiliani, Silvia Evangelisti, Flaminio Gualdoni, Luciano Nanni, Bruno Pinto. Nuova Alfa Editoriale, Bologna, dicembre 1991, cit., p. 7

Bruno Pinto, in Per uscire dalla Valle. Critica di me stesso, a cura di Omar Calabrese, La Casa Usher, Ponte alle Grazie Editori, Firenze, 1992

 




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