Bruno Bandini, 1990

"La funzione drammatica del disegno, quell’ intensità densa di lacerazioni, di agglutinamenti, di funzioni simboliche, che è individuabile nelle carte in bianco e nero di Bruno Pinto si trasferisce nel lavoro più recente in ipotesi plastiche, in sculture dal vago sapore arcaico. […]
Il ricercatore delle armonie medievali spendeva una intera esistenza a ricercare la traccia della divinità in un'immagine. Questa procedura, cosi difficile, cui non si è più avvezzi, può ancora vivere e senza dubbio servire ed allora, l’arte è presa con quella serena, ma tremenda serietà che in certi periodi le è stata propria.
Pinto usa una procedura analoga e queste sculture, primordiali, bagnate nell’elementare ne sono un esempio e credo che dovrebbero vivere proprio nell’incertezza dei materiali che le compongono; poiché, a mio avviso, l’assoluto può essere qualcosa di intermittente - come il pensiero mitico - una scarica elettrica che a priori scarta l’apparente compiutezza. […] L‘inevitabile grandezza del vivere
'Può dunque produrre sogni, disequilibri che per un momento sospendono l’incertezza e trovano quiete, ma anche genera voragini che ci inducono alla perdizione.
Come l’anima inviata da Omar Kayyam negli spazi, che torna al poeta dicendo 'io sono il paradiso e son l’inferno'."

 

 

Bruno Bandini, in Cat. Bruno Pinto. Luoghi Controversi del cuore, a cura di Silvia Evangelisti, con scritti di Bruno Bandini ,Andrea Emiliani, Silvia Evangelisti, Flaminio Gualdoni, Luciano Nanni, Bruno Pinto. Nuova Alfa Editoriale, Bologna 1990, cit. p. 11




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