"[…] Due mobili pieni di libri di pittura, filosofia, scienze del pensiero; scaffali lungo le pareti con libri di pittura aperti; sul panchetto vicino al posto di lavoro un volume sul Caravaggio aperto […].
Davanti a lui sono contemporaneamente molte tele, forse una diecina, in terra e intorno altre ancora, in evidente stato di divenire attendono una ripesa di contatto con l‘autore. Non vi è, in queste opere, il senso di inizio, costruzione e fine del lavoro nel senso consueto, tutto è chiaramente in continua rotazione, non l‘usuale ritmo produttivo di ricerca-lavoro-ultimazione, non esiste successione nel ritmo delle opere ma contemporaneità. […] Seppur diversissime nell’impianto formale il vettore espressivo è di costituire un respiro, unico, costante, continuo. […] Il pretesto per l'azione pittorica è un’occasione qualsiasi, un‘accidit’ più umano che formale, un’emozione corporea o spirituale, uno stato di tensione mistica che, pur sempre presente come emozione inconscia, trova, caso per caso, nel rapporto con una certa 'presenza', con una certa 'cosa', l’occasione per sfociare a livello di coscienza, e produrre un moto di riflessione.
La pittura nasce, secondo la verità delle proprie leggi espressive inequivocabili, come mezzo di concentrazione, di astrazione, di approfondimento metafisico di questa tensione.
La ricerca è a livello metafisico ma non il sostegno pittorico che funziona come supporto per permettere la penetrazione nella sfera trascendente. […]
Poi il discorso procede oltre e la struttura già dotata di ’forma’ subisce una rielaborazione, diviene punto di un approfondimento ulteriore, fino a diventare pressoché irriconoscibile, con conseguente stato emozionale completamente diverso e così via per altri stati successivi. […]
E’ a questo stato di massima intensità spirituale che coincide il massimo di logica pittorica. Improvvisamente tutto diventa semplice, limpido, genuino, perfetto ma anche naturale e pulito, una cosa sboccia per incanto e che più nulla sembra trasparire delle traversie passate. […]
Il quadro non è che la traccia rimasta da una intuizione metafisica segno tangibile tra sensibile e l’ultrasensibile, qualcosa di concluso che più nulla ha da attendere. […]
In essa sembrano d’un tratto assopirsi tutte le tensioni verso 'il futuro' che nel nostro mondo rappresentano la causa profonda delle angosce e delle ansie; futuro che oramai sembra divenuto l’unico spazio in cui trasporre tutte le nostre aspettative a scapito di una oramai assopita capacità di relazione con il momento presente […].
In un momento come l’attuale questo fare pittorico ci ripropone un viatico pressoché dimenticato perché troppo a portata di mano: la nostra ripresa di coscienza col presente, hinc et nunc, come unica condizione per potere pervenire ad una situazione 'creativa' che è soprattutto ancora e sempre, capacità di relazione completa, spirituale e corporea, con la realtà."
Glauco Gresleri, in Cat. Bruno Pinto. Presentazione di Carlo L. Ragghianti, con scritti di Luciano Padovese, Glauco Gresleri. Galleria d'Arte Saggittaria, Pordenone, 1972 cit., p. 9
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