"[…] Thomas Mann scrive che la malattia rende geniali e nel Doctor Faust elabora un po’ questo rapporto fra creatività e malattia.
Dice che il genio è una forma di energia vitale profondamente esperta della malattia.
Una forma che dalla malattia attinge per diventare creatrice, la malattia che elargisce a genialità che scavalca gli ostacoli nell’ebbrezza temeraria, sbalzi di roccia in roccia, e mille volte più benevola nella vita di quanto non sta per la salute che si trascina ciabattando. […]
Pinto ha espresso in modo sublime la disperazione senza via d’uscita che non si lascia ricondurre ad alcuna causa concreta, la paura paralizzante, il panico per l’inganno della vita, la rovinosa discesa in questa terribile condizione di grigia miseria, la cui caratteristica è proprio quella di renderci incapaci di qualsiasi attività mentale. Solo l’appassionato desiderio di esprimersi può spingerlo ad una lotta in cui egli talvolta riesce vincitore, ma non sempre. Tale triste miseria non è solo il nemico ma anche il presupposto e l’oggetto della sua attività, proprio ciò che possiede un potere paralizzante produce poi un attività creativa di altissimo valore, conferendo all’arte quel tono elevato che bisogna riconoscere nelle varie opere. […]
Ciò che l’uomo di più grande ha fatto lo deve al sentimento doloroso dell’incompiutezza del destino, nulla ci rende così grandi come un grande dolore."
Vittorio Volterra, intervento alla mostra Bruno Pinto. Dopo il Silenzio, a cura di Peter Weiermaier, con contributi di, Massimo Cacciari, Valerio Dehò, Galleria d'Arte Moderna, Bologna 2003.
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