I collezionisti - mostre Antologiche

Nel 2002 la Banca di Bologna acquista due quadri e una scultura di Pinto. 

Nello stesso anno Giampiero Giacomini, amico e collezionista da oltre trentacinque anni, si propone pubblicamente come suo “mecenate e sostenitore” e promuove presso l’Union Camere di Bologna l’acquisto di numerose opere di Pinto.

Nel 2003 la Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna acquista un’opera di Pinto 

Nel settembre dello stesso anno si tiene alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna la personale di Pinto, curata da Peter Weiermaier, "Dopo il silenzio", nell’ambito della quale viene organizzato un ciclo di quattro incontri con l’intervento di critici d’arte, economisti, psicanalisti, psichiatri, teologi, filosofi e antropologi https://youtu.be/i3bLFWNG5Cs .

In questa circostanza, a Pinto appaiono con maggior chiarezza le difficoltà dell’amico mecenate, turbato da violente ambivalenze nei confronti dell’impegno preso. Giacomini non comprende la natura dell’estraneità del lavoro di Pinto dalle logiche di produzione e promozione commerciale dell’arte contemporanea, che lui stesso cerca di perseguire acriticamente.

Nel febbraio 2005 Pinto espone in Arte Fiera Bologna, con la galleria milanese di Bruno Grossetti.

È la Fondazione Mazzotta a presentare, tra giugno e settembre dello stesso anno, la prima mostra di un artista vivente, esponendo il lavoro di Pinto:"Di fronte e attraverso" https://youtu.be/fivgEOM86s0. La mostra, curata da Pietro Bellasi e Bruno Corà, è avvalorata da autorevoli testimonianze di critici e storici dell’arte, del mondo della filosofia e della teologia, quali Remo Bodei, Piero Coda, Guido Magnaguagno, Giacomo Marramao, Marco Meneguzzo, Jean Soldini e dai direttori dei musei di Hannover, Bonn e Basilea. “La tentazione dell’abisso e la possibile ascesa. Bruno Pinto e la pittura infinita” è l’emblematico e paradossale titolo del saggio introduttivo di Pietro Bellasi: l’esposizione non ha, non può avere un carattere “antologico” poiché, come osserva Bellasi si ha “l’impressione che tutte le opere di Pinto, in particolare le ‘recenti’, costituiscano, più che in qualsiasi altro artista che io conosca, un insieme unico e organico, articolato e integrato dall’energia alla lettera sovrumana di un agire pittorico che è condizione essenziale a trasformare la pura e semplice ‘vita’ in ‘esistenza’, capace di conoscere e ingenerare Verità. […] una ricerca perseguita allo spasimo fino alla coincidenza esistenziale del dolore e della gioia; coincidenza paradossale che accompagna il disvelamento della verità nella pittura come presenza vitale di una dimensione totalmente altra da sé”.

 

 

 

 




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