Il ritorno in Italia e l’esperienza della Valle: il buco percettivo

Rientrato in Itala non sa ancora cosa fare.
Insofferente, fin dall’infanzia, a ogni forma di esistenza programmata, Pinto inizia ad immaginare con Manfredi di abbandonare la pittura e la città, convinti della natura irreversibilmente alienante dell'economia capitalista.
Credendo non sia possibile trovare una pratica pittorica che permetta di riflettere sull’attualità del vissuto per avere una autentica conoscenza del vero senso di quanto si sperimenta nell’attualità dell’esistenza quotidiana, Pinto avverte la necessità di partire da un "altra" economia della Vita.

Agli inizi degli anni '60 lascia Roma con un piccolo gruppo di amici che condivide la sua stessa urgenza (Manfredi Lanza, Madeleine, Sandro Baldini con la moglie Eva e due figli piccoli, suo fratello Enrico), per andare a vivere in alcune case coloniche abbandonate e sperdute nei monti tra Arezzo ed Anghiari. Il gruppo, strada facendo, si divide: Bruno, Sandro ed Eva occupano il podere abbandonato de “La Valle", Manfredi va a vivere da solo in un vecchio mulino inutilizzato ed Enrico in una sperduta casa colonica (cfr. Bruno Pinto, Per uscire dalla valle. Critica di me stesso, a cura di Omar Calabrese, La casa Usher, Firenze 1992).

A “La Valle” emergono in lui violenti impulsi, sentimenti, immaginazioni e pensieri che le sue abitudini mentali e psicologiche non riescono a contenere consapevolmente; tutti i tentativi per cercare di assumerli e comunicarli compiutamente non fanno altro che aggravare e generare più confusione, oltre che gravi e pericolose tensioni psichiche; a tal proposito Pinto scrive: “Era come trovarsi su una imbarcazione in alto mare, avendo perso l’orientamento. Tuttavia, in mezzo allo smarrimento, nel profondo, avvertivo che qualcosa di reale e positivo stava accadendo, anche se non potevo comprenderlo, così cercavo di evitare soluzioni facili che sentivo dettate dalla paura e dal terrore anziché che da vere necessità”.

In quella situazione Pinto fa nuovi incontri: scopre autori e letture che lo aiutano nell‘autocomprensione quali Pasternak, Simone Weil,  Kierkegaard, i Padri della Chiesa, Eliot, Maritain, Marcuse, la psicanalisi del profondo, le dottrine Zen, l’esoterismo, l’ermetismo, Steiner, Guéno, San Giovanni della Croce, Malraux, Agostino, Sedelmaier, Merleau - Ponty, Wilhem Reich, Anna Arendt.

L’esperimento de “La Valle” dura circa tre anni, durante i quali ogni giornata deve essere riorganizzata ab ovo, a partire da una totale penuria economica e culturale; Pinto vive in un radicale isolamento esistenziale che funge per la sua mente da rasoio impietoso e benefico liberandola da ogni forma di psicologismo e narcisistica inutilità: esperimento esistenziale al “limite”, che si rivelerà fondante per il successivo sviluppo delle intuizioni pittoriche, filosofiche, antropologiche e ontologiche di Pinto.

Legge i libri di Elémire Zolla, che conoscerà personalmente incontrandolo più volte nel corso dei brevi viaggi a Roma. Inizia una relazione con Laura Lanza, sorella di Manfredi, e avverte l’esigenza di trovare una pratica di lavoro quotidiano che gli permetta di osservare ed assumere consapevolmente il "senso delle violente, pericolose, abissali 'cose' interiori ed esteriori" sperimentate a "La Valle". Percepisce che il tempo de “La Valle" è finito.




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